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(primo piano) – I paesi invisibili

Scritto da redazione

Manifesto sentimentale e politico per salvare i borghi d’Italia

Sulmona,15 ottobre- Nel gergo dei semplici, ma non per questo sprovveduti, quando si intende evidenziare un’inesattezza si ricorre all’utilizzo di una frase convenzionale e d’effetto, che recita testualmente: ”sulla carta tutto il mondo è in piano”. Un po’ la stessa cosa fanno i presunti esperti di paesi e gli indagatori dello spopolamento, arrogandosi il diritto di formulare soluzioni universali, dalle loro sontuose scrivanie, valide per ogni tipologia di paese e di abitante.

Anna Rizzo, da buon’antropologa da campo, che si infanga e vanga, in I paesi Invisibili frantuma le fantasiose e acrobatiche narrazioni, concernenti i paesi e i loro abitanti presenti e passati. Il suo picconare sull’assunto e globalizzato concetto di paesi, da convertire a risorsa turistica, è possibile perché tra lei e le aree interne non esistono segreti, solo legami, albe e tramonti vissuti calpestando lo stesso versante.

Se è vero com’è vero che sono rimasti in pochi a vivere nei paesi, è altrettanto vero che solo quei pochi ne conoscono vizi e virtù. Le aree interne sono realtà misteriose e folcloristiche, dove l’umanità è costretta a sfociare, come fosse erbaccia infestante, li dove i servizi pubblici se la danno a gambe.

Leggere Anna Rizzo, è un po’ come entrare nelle dimore degli abitanti di Frattura o di un campo d’indagine della Calabria, pare di essere di fianco a lei mentre infreddolita corteggia le cucine economiche o di passarle il bucato da stendere all’aperto. Tanta l’abilità e la denuncia narrativa che ci si ritrova ad essere i componenti di una, già, allargata famiglia di paese.

Il nostro stivale si compone per il trenta per cento di aree interne e queste non si spopolano per una moda del momento, bensì per una crisi di “fertilità” del diritto ad un’esistenza libera e dignitosa. Non avere una farmacia, una corriera, un medico, una scuola si tramuta in barriere architettoniche ed esistenziali totalmente invalidanti per l’assolvimento e il rispetto dovuto al dono della vita, non si tralasci che trattasi di portatori di diritti e doveri. La possibilità di deragliare nella lesione di diritti costituzionali è a portata di binario e sovente è già salita sulla carrozza. Delle difficoltà arteriose e respiratorie dei paesini non interessa a nessuno, a cercare terapie serie e riconosciute dal comitato scientifico nazionale, sono rimasti in pochi e fra questi si annoverano gli abitanti dei luoghi, che devono pur tirare avanti e che spesso non possono neppure andarsene. Le misere pensioni che possiedono non gli permetterebbero una vita altrove, sono alla canna del gas in un paese dove hanno casa di proprietà, figuriamoci a dover duellare con un affitto. Per il resto del mondo, altresì, le piccole aree sono pacchetti turistici da vendere…

…perché i paesi hanno un ruolo sociale ben definito: sono l’intrattenimento televisivo della domenica…

Assecondare tale propensione proietta a prospettive inquietanti. Creare alberghi diffusi, spa e quant’altro in aree interne significa disboscare, deviare corsi d’acqua e via distruggendo, come se non avessimo sufficienti impatti e crisi ambientali.

Ogni paese ha un nome che ne identifica entità e appartenenza, la generalizzazione a cui sono sottoposti in nome di progettualità spaziali e poco terrene mira ad uniformali. Ogni borgo o paese che sia è bello perché possiede interesse storico e peculiarità mai sorelle gemelle di altre. Il lavoro di un antropologo o di uno storico non è livellare il tutto, bensì dettagliare, evidenziare, distinguere, esaltare. Brandizzare è un ricorre a un salasso non richiesto. 

Nessuna progettualità si può definire migliorativa se non coinvolge le comunità e non si infiltra fra il palato, il tatto, l’udito e il campo visivo, di chi in quelle realtà è commensale con la nuvola che preannuncia il temporale o il frutto di bosco che segnala un inverno nevoso. Tutto il resto è improvvisazione, spesso dannosa e lesiva dei luoghi e degli indigeni.

La giovane di Lamezia Terme che lamenta un inficiato nutrimento sin dalla venuta al mondo, rispetto a chi vive al nord…

…di come abbia trascorso un’infanzia e un’adolescenza senza nutrimenti, che fossero spazi culturali, biblioteche, teatri, luoghi dove poter crescere insieme ai suoi coetanei…

Instilla un quesito autorevole. Perché spendersi e spendere quattrini, per intercettare un finanziamento ed un tecnico sconosciuti, per costruire ciò di cui avrà bisogno un turista per un solo week end e non adoperarsi per metterla in condizioni di gareggiare nel mondo al pari di chi vive in una città? Si va sancendo l’esistenza di figli e figliastri? 

Una piccola e spoglia piazza di paese non può farsi a compare con una propaganda digitale, ambisce ad avere uno spazzaneve che renda le strade percorribili per raggiungere un supermercato in inverno, visto che la saracinesca dell’alimentari locale non si alza più da anni. Lo spopolamento non è cosa da poter ammaestrare a proprio vantaggio, e Anna Rizzo nell’elaborare questo testo utile a spirito e ragione, evidenzia come la terminologia commerciale e social stiano contribuendo a togliere, ulteriore luce al vero nucleo dei paesi, mortificandone gli abitanti e il loro reale essere figli di una terra che diviene sempre più di conquista da parte di colonizzatori. 

In I paesi invisibili si viene edotti a sviscerare e a non tralasciare, non si può permettere che dettami globalizzati facciano sfilare su note passerelle, vocaboli come resilienza, prossimità, cura, nostalgia, abbandono, con faciloneria assoluta.

Anna Rizzo non scrive dei paesi in quanto contenitori sterili, si nutre Ella stessa e di conseguenza nutre, mediante intramuscolo il lettore, dei contenuti dagli alti valori nutrizionali. 

La figura delle donne è ufficialmente marginale, a fare politica nei paesi sono gli uomini, a scrivere libri sui paesi sono gli uomini, a decidere per i paesi è il sesso “forte”, che a voler essere sinceri si identificherebbe con la parola viziati per non dire incapaci…

…uomini che hanno scelto delle mogli e educato delle figlie a una forma di accudimento coatto, che è diventato asservimento…uomini che siedono a tavoli istituzionali, che dovrebbero occuparsi del bene pubblico e invece replicano schemi misogini …

Credit: Claudio Mammucari

Anna Rizzo è consapevole e cosciente del potere salvifico che possiedono le arti, i loro creatori e i loro fruitori, ecco perché inorridisce quando constata che le professioni umanistiche, letterarie e creative sono considerate alla stregua di un hobby. Imperativamente si può sostenere che sarebbero un punto da cui partire per ridurre lo spopolamento.  Che non è scandaloso perché chi lo pratica è anzitutto vittima di errori e superficialità di altri.

Leggendo I paesi invisibili ci si scopre canzonati da faciloni pronti a occuparsi dell’immagine e non dei sentimenti e delle priorità. Al contempo ci si sente chiamati a una nuova escursione del vivere, i cui ingredienti essenziali tornano ad essere l’individuo, la sua soggettività, i suoi bisogni, la sua crescita e la sua permanenza. Permanenza che non va pilotata, ma assecondata affinché ognuno possa andare e venire dalla propria terra senza rischiare, che altri l’avranno resa casa accogliente e adatta ad esigenze di forestieri, diseredando gli aventi diritto.

Cesira Donatelli

I PAESI INVISIBILI di Anna Rizzo

(Edito il Saggiatore)

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