Home Sport Vito Taccone campione dello sport ma anche straordinario ‘ambasciatore’ per la promozione del nostro Abruzzo

Vito Taccone campione dello sport ma anche straordinario ‘ambasciatore’ per la promozione del nostro Abruzzo

Scritto da redazione

A Bugnara per la rassegna ” Libri sotto le stelle” il volume di Falcone che è già un vero successo editoriale. Ciclista amato dalla folla, trascinatore di entusiasmi  ma sicuramente un veicolo importante di promozione dell’immagione della nostra regione ovunque. E poi la sua storia umana,caratteriale,la semplicità del suo linguaggio ne hanno fatto un personaggio assai originale

( nella foto da sx il Vice sindaco di Bugnara Domenico Taglieri, Chiara Del Signore,il giornalista Falcone ed il dott Matteo Servilio Presidente del Centro Studi ‘Nino Ruscitti’)

Bugnara, 3 agosto–  Vito Taccone:Un uomo comune che ha fatto la storia. Non si sta parlando della beatificazione di un personaggio ma del modello che questo bambino, ragazzino e poi uomo ha rappresentato e continua a rappresentare ancora oggi. 

Se ne è discusso nella serata di ieri a Bugnara insieme all’autore del libro “Vito Taccone: il camoscio d’Abruzzo”, il giornalista Federico Falcone, in occasione della rassegna letteraria “Libri sotto le stelle”,  promossa dai ragazzi dell’associazione culturale Centro Studi e Ricerche “Nino Ruscitti”. 

Il testo di Falcone è edito dalla casa editrice Radici Edizioni di Gianluca Salustri e si colloca all’interno della collana “Vite”.  Presenti all’incontro anche il Vice sindaco di Bugnara Domenico Taglieri, il Presidente dell’Associazione Matteo Servilio, il Vice Presidente Sara Di Censo,Romeo Colangelo, molti sportivi e tante altre persone sopratutto giovani

Non è una semplice biografia ma un racconto di vita vera, che lascia a casa l’asetticità della narrazione per lasciare il posto al pathos, all’empatia. Un libro che trasuda tutto l’impegno profuso nel ricostruire un’esistenza turbolenta, fatta di alti e bassi, miseria e gioia.

Un ciclista nato nell’Avezzano del 1940,  inserito in un contesto bellico e post bellico e  che ha vissuto la fame prepotente, quella capace di rivoltare lo stomaco. Un ragazzo che inforcava una bici sgangherata per poter consegnare il pane e guadagnare qualche soldo. Un uomo che della vita ha conosciuto le ombre più nere e che, grazie a queste ultime, ha saputo apprezzare le piccole vittorie. La famiglia di Vito Taccone ha fatto da sfondo ad un racconto di vita vissuta a pieno, con il vento che schiaffeggia il viso a causa della velocità degli eventi. Figli di catastrofi come terremoti, guerre, fame. Una generazione che ha guardato negli occhi la miseria, l’ha  accolta e poi affrontata, fino ad arrivare ad un boom economico che ha lasciato, però, gli strascichi di una vita piena di tribolazioni e rinunce. 

È come se la Piazza del Milite Ignoto si fosse tinta di rosa in ricordo del camoscio più famoso d’Italia. Tra filmati, letture e ricordi dei presenti, si è potuto assistere all’alternarsi di momenti di commozione e di divertite risate. In fin dei conti Vito Taccone viene ricordato anche per il suo carattere camaleontico, ruvido; per il suo comportamento primordiale che non conosceva altro linguaggio se non quello fisico. 

Si è, inoltre, sottolineato il forte senso di riscatto sociale. Una coscienza insita nel popolo abruzzese che aveva bisogno di essere rappresentato da un campione, di essere libero dal mero cliché che gravava sulla sua testa. La rivalsa sulla società ha permesso a Vito di pedalare a denti stretti e pugni chiusi e di redimersi ad ogni alzata di testa, anche se solo fino alla birbonata successiva. 

Si tratta di un uomo che non è nato con il sogno di correre sulla due ruote ma di un ragazzo che su quella bicicletta ci si è trovato perché lo hanno voluto proprio lì. Un talento richiesto dagli altri, un carismatico burlone inconsapevole della propria potenzialità, tanto da diventare presenza fissa a casa Zavoli con “il processo alla tappa”. 

Taccone, nonostante fosse diventato un eroe per tutti gli italiani, non ha mai mascherato il suo essere esageratamente spontaneo. Un viso che ha l’aria di un vicino di casa con il quale fare due chiacchiere e qualche risata. Un vero e proprio fenomeno scomparso nel 2007 stroncato da un infarto nel bel mezzo di una intricata vicenda giudiziaria. Questo a dimostrazione del fatto che una vita non culmina con la morte ma continua a rivivere in ogni ricordo, immagine, parola. 

Vito Taccone andrebbe fatto conoscere anche ai più piccoli come modello di lotta contro le prepotenze di classe. Non importa da dove vieni, di chi sei figlio, quanto denaro possiedi. Ciò che conta davvero è quel talento solo tuo e che nessuno, neanche il più potente dei ruoli, potrà mai strapparti via o imitare. E Vito Taccone tutto questo ce lo ha dimostrato. 

Chiara Del Signore

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1 Commento

andrea pantaleo 3 Agosto 2022 - 14:01

Grazie per aver ricordato un grande ciclista dell’Abruzzo forte e gentile, quale è stato Vito Taccone, detto “il camoscio d’Abruzzo”. Sarà corridore professionista dal 1961 al 1970; vincerà otto tappe nella corsa rosa del Giro d’Italia, un Giro di Lombardia, oltre ad altre classiche del ciclismo italiano. Vito Taccone è stato anche presente e protagonista sia nel campionato del mondo, sia nei campionati italiani di ciclismo su strada. Avrà l’appellativo di “Camoscio d’Abruzzo” sia per le sue ottime doti di scalatore, ma anche per il suo temperamento forte e gentile come la tradizione secolare regionale abruzzese vuole. Il 1961, è l’anno del suo esordio nel ciclismo professionista, nel quale Vito Taccone si aggiudica il Giro di Lombardia; l’anno successivo, nel 1962, giunge quarto nella classifica generale del Giro d’Italia. Nel 1963 al Giro d’Italia Vito Taccone vince cinque tappe, realizzando il poker con quattro tappe consecutive vinte, esattamente la decima la Spezia Asti di 225 km, l’undicesima Asti Santuario di Oropa di 130 km, la dodicesima Biella Leukerbad di 214 km, la tredicesima Leukerbad Saint Vincent di 152 km, la diciannovesima la Belluno Moena di 198 km. Nella sua carriera ha indossato anche la maglia verde valida per il gran premio della montagna; vestirà anche la maglia rosa poiché vincerà la prima tappa del Giro d’Italia del 1966 la Monte Carlo (MC) Diano Marina di 149 km, diventando leader della classifica generale. Fra le classiche italiane ricordiamo la sua vittoria nella Milano Torino e la sua presenza al Tour de France. Vito Taccone è illustre, immortale realtà dello sport abruzzese, italiano, internazionale.

Andrea Pantaleo

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