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Abruzzo e occupazione femminile lo scenario è preoccupante

Scritto da redazione

 Secondo il  Censis  il 42% della forza lavoro femminile, in netta minoranza rispetto al mondo maschile. L’Italia è all’ultimo posto nella classifica europea. 

Sulmona, 21 febbraio Gender pay gap, occupazione femminile, disoccupazione di genere. Sono questi i temi più discussi negli ultimi anni, soprattutto sui social, in merito ad una piaga sociale che affligge la popolazione da decenni. L’emancipazione femminile ha portato alla formazione di una voragine che divide, a volte più a volte meno, un genere dall’altro. La sfera lavorativa gioca un ruolo predominante e ingloba al suo interno preconcetti e pregiudizi circa il ruolo di donna e la sua posizione salariale. Il gender pay gap consta nell’indicare il disequilibrio economico medio, in termini di stipendio dipendente, tra uomo e donna. Urge, però, analizzare il vero senso del termine per evitare l’utilizzo inappropriato sui mezzi stampa. Il divario retributivo salariale, al momento della sua stima, non tiene conto di fattori barriera come l’istruzione, tipo di mansione o il tasso di genitori single, ma esclusivamente il salario medio. 

In Italia il gender pay gap, secondo gli ultimi dati Istat, sfiora il 5%; dato alquanto rassicurante se si ignorasse il fatto che venga calcolato senza considerare i succitati fattori chiave. 

Per rendere l’idea, secondo il rapporto biennale Global Wage Report dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro, la differenza salariale fra uomini e donne è del 20% su scala mondiale. Questo dato da solo dovrebbe bastare a spiegare quanto ancora radicato sia questo problema.

Tornando a casa nostra, il Censis illustra il 42% della forza lavoro femminile, in netta minoranza rispetto al mondo maschile. L’Italia, ahinoi, è all’ultimo posto nella classifica europea. 

È doveroso sottolineare che a livello pubblico, il gap di genere è inosservabile poiché si registrano dati irrisori, quasi inesistenti. La fascia privata, invece, ne porta la bandiera. 

Ad avvalorare il trend negativo sono i dati diffusi nel 2020, in piena pandemia mondiale, dall’Istat ed elaborati dalla Fondazione Leone Moressa per Il Sole 24 Ore. 

Le donne nel terzo trimestre del 2020 hanno perso 344 mila posti di lavoro, addirittura il 55,3% su un totale di 622 mila occupati in meno. La Consigliera di Parità della Provincia di Teramo Monica Brandiferri conferma il preoccupante scenario anche in Abruzzo dove si registra un calo occupazionale femminile del 3.3%. All’allarmante dato si aggiungono le dimissioni volontarie delle donne madri determinate dalla chiusura delle scuole causa Covid-19. I numeri parlano da soli, infatti, il 73% di tutte le dimissioni e risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro proviene da madri lavoratrici. L’81% delle donne trascorre almeno un’ora al giorno nella cura di casa e figli, contro il 20% degli uomini. I provvedimenti adottati per contrastare il contagio del Coronavirus hanno demoralizzato soprattutto le fasce già ferite in precedenza. Importante sottolineare quanto anche i giovani siano stati colpiti brutalmente dalla crisi sanitaria a causa dei non pochi contratti a termine. Giovani che hanno assistito alla rottura di un equilibrio già vacillante. Tra questi, le donne con età non superiore ai 24 anni, salgono sul podio dei licenziamenti. 

“gli strumenti da trovare non devono più essere concepiti come una misura di genere ma come la principale leva di rilancio delle politiche di welfare pubbliche, cioè come un investimento pubblico necessario” – così si legge nel rapporto del Cnel che suggerisce, inoltre, una contrattazione collettiva con particolare attenzione a quella aziendale per costruire un’organizzazione del lavoro che favorisca l’occupazione femminile. 

Una manovra di bilancio è, quindi, imminente al fine di rilanciare il lavoro femminile e chiudere il gender gap. Molte più donne rinunciano a cercare lavoro perché oberate di lavoro familiare, che viene assai sottovalutato. Sarebbe necessario creare strumenti volti alla normalizzazione del lavoro casalingo in modo da coinvolgere sempre più il mondo maschile in mansioni che gli competono in egual misura. 

Chiara Del Signore  

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