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Jule, figlia dell’arte.

Scritto da redazione

Certe eredità si ricevono con lascito naturale, genetico

Remedios

Sulmona,27 settembre– La natura che fa il suo corso, potremmo dire il normale ciclo della vita. Alcune persone vengono al mondo con particolari doti e con il compito di metterle a disposizione degli altri.  Le eredità più belle sono quelle spirituali, che sgorgano dentro, che si fanno sentire certe volte in maniera quasi prepotente, che desiderano uscire. A volte le persone le riconosci perché ti ricordano chi le ha messe al mondo, spesso le trovi impegnate a completare opere, a portare avanti idee, a conservare pensieri. 

Un miracolo che continua è la prima cosa che mi è saltata in mente nell’ascoltare le parole di una donna artista che colpisce per il suo modo di porsi, particolarmente gentile.

Sto parlando di Giuliana Amorosi, figlia d’arte o figlia dell’arte, la cosa certa è che nasce tra segno e colore.

Giuliana, sei una donna “pura” nel senso che non sembrano aleggiare in te incursioni contaminate da sentimenti di sfida o di critica nei confronti delle altre donne anzi, le sostieni in ambito artistico e sociale. Pensi che dipenda dall’esempio ricevuto o è una tua personale visione?

Non c’è nulla di più sublime del sentimento di sorellanza. L’esempio ricevuto è stato importante, parte dai miei genitori dal loro connubio tra amore e libertà, e dal rispetto del mio papà nei confronti delle donne; che amava anche dipingere. Ho continuato a esplorare il mio essere donna, l’esperienza dell’endometriosi, della gravidanza, della maternità, delle mie emozioni. Le donne hanno tante vite in una, hanno una storia da raccontare, un corpo che cambia in continuazione; così come la loro visione interna e esterna. Mi piace intrappolare tutto questo sulle tele e stupirmi di come altre artiste interpretino lo stesso concetto. Sarebbe umiliante per tutte noi non ascoltarci e sentirci vicine a vicenda. Quando ci sono collaborazione e confronto nascono dialoghi meravigliosi e progetti incredibili.

Donne. Da sempre in lotta per l’affermazione sociale, per riuscire a farsi ascoltare, per dimostrare il proprio valore. Cosa pensi a riguardo e come stai lavorando per dimostrare che non si dovrebbe aver bisogno di lottare per i propri diritti?

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Trovo ignobile l’inconsistenza della memoria storica che a volte dimostriamo e l’assurdità di alcune prese di potere inaccettabili. Quello che cerco di fare tramite la mia arte è lanciare messaggi, fare educazione artistica, scrivere delle artiste del passato e sono molto fiera di aver creato il concetto delle “Milfits”. Le donne non stanno prendendo ora la parola: lo fanno da sempre. Abbiamo tanti esempi virtuosi e coraggiosi rappresentati da donne. Tra quelle che ammiro di più c’è Suzanne Valadon; che partendo da zero, povera, autodidatta, è diventata una pittrice stimata da colleghi come Lautrec, Renoir e Degas. Era famosa in tutta Europa, la prima donna ad entrare nella Societé des beaux Arts, ma non vi è traccia di lei nei libri di storia dell’arte. È come se fosse scomparsa, dimenticata. Stessa sorte è capitata a Emilie Floge. Ed è davvero difficile trovare un libro in lingua italiana dedicato a Lavinia Fontana, che nel XV secolo si sposò solo a condizione che il marito accettasse che lei fosse una pittrice e che perseverasse la sua carriera. La prima donna che dipinse un nudo femminile. Sia storicamente, artisticamente che socialmente stiamo parlando di un esempio importantissimo. Ma senza un insegnamento e un’educazione volta alla parità scattano le prese di potere. Marjan Satrapi, per esempio, grazie alla sua abilità di narrazione e all’unicità delle sue illustrazioni, ha dato voce al popolo e alle donne iraniane. Essere un art lover è la migliore istruzione che si possa avere, questa frase è di Vivienne Westwood; ogni giorno ne capisco e ne apprezzo sempre di più l’importanza. Dovremo farlo tutti.

I tuoi genitori hanno influenzato il tuo modo di vedere la vita e l’arte in genere? Se si, in che modo?

Fortemente. Prima ho parlato di connubio tra amore e libertà. Questi sono due aspetti fondamentali nella mia vita e nella mia arte. Mi hanno trasmesso tanta passione, molta per le arti. Dipingevo insieme a loro, specialmente con papà. L’esperienza della SLA, che lo ha colpito, e la sua assenza in seguito sono stati fonte di tanti insegnamenti, pensieri e principi. Quest’anno hanno preso forma nella prima edizione del premio di pittura Vittorio Amorosi, con parte del ricavato a favore della ricerca contro la SLA. Quando l’arte crea connessione e aiuta gli altri, io la chiamo umanità. Questa è stata la loro influenza più grande.

Come definiresti la tua arte?

Autentica. Parte da me, dalla mia storia, da quello che mi piace o che mi trovo a dover affrontare. Ci sono diversi generi che amo e di cui ne risento l’influenza, come l’Espressionismo. Sono anche “vittima” del fumetto e della musica Punk. La mia pittura è la visione totale, d’insieme degli elementi che sento più miei, elaborati secondo il mio stile personale.

Phainthing

Cosa fai quando la tua vena creativa si accende?

Lavoro. Se non si accende mi metto a lavoro. Se si accende mentre lavoro, prendo subito appunti per il prossimo lavoro. Se ci si sente ispirati bisogna agire subito: non bisogna mai perdere un’idea.

Quali sono i tuoi programmi per il futuro? 

Dipingere, esporre, comunicare, vivere d’arte. Creare un circuito artistico solido, un punto di riferimento per gli artisti; che diventi anche una risorsa ricettiva. Continuare ad aprire spazi creativi, come il progetto “Stanze” a supporto del M.I.D.A. museo internazionale della donna nell’arte a Scontrone; o riaprire spazi in disuso come abbiamo fatto per la mostra dedicata a David Bowie presso l’ex mattatoio di Castel di Sangro. Portare avanti il premio di pittura Vittorio Amorosi e continuare a dar voce alle artiste donne. 

Sotto il mio nome Jule, ho deciso di mettere -come un rafforzativo- la scritta “it’s an art Life” (Sono fan dei giochi di parole); per quanto, alle volte, possa sembrare davvero dura e difficile, non potrei mai immaginare una vita diversa da questa.

L’arte di Giuliana Amorosi eleva la figura femminile in un modo particolarmente affascinante. Molteplici espressioni artistiche si affacciano sulla scena del suo palcoscenico personale, quello della vita. Opere che richiamano l’espressionismo, l’art nouveau, la pop art, il fumetto, entrano in modo socialmente riconoscibile in uno scenario davvero complicato, dove la riconoscibilità talvolta svanisce. Invece lei si fa notare, con colori a olio, acrilico, matite, linocut, pastelli a olio, opere a tecnica mista. Giuliana denuncia, mette in evidenza, sottolinea, talvolta in modo crudo là dove ce n’è bisogno, l’aspetto sociale e privato, quello delle relazioni e degli eventi in genere, di temi importanti, difficili da affrontare. Ci riesce bene, con impatto emotivo evoca, stabilisce che alcune regole vanno riviste, cambiate, eliminate, che il gioco va giocato bene e alla luce del sole e che è possibile dire quello che si vuole con rispetto e, nello stesso tempo, provocazione.

Un bell’esempio di arte contemporanea. 

Maria Zaccagnini

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