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La pandemia, una pena aggiuntiva 

Scritto da redazione

I detenuti del carcere di Sulmona riportano in un libro quanto vissuto e provato durante il lockdown

Sulmona,20 aprile-Risveglio! Questo il titolo scelto per un libro che similmente ad un forziere è stato eletto a custode dei preziosi e personali pensieri, germogliati all’ombra delle sbarre del carcere di Sulmona, durante la pandemia da Covid 19. La pubblicazione di codesto diario di vita, che è un dono per la collettività intera, è stata affidata ad una casa editrice abruzzese, la Masciulli Edizioni.

Questo omaggio alla letteratura e alla psicologia è stato il motore dell’incontro tenutosi martedì scorso 18 Aprile presso la Casa Circondariale della “Città Ovidiana. Madrina dell’evento una Dacia Maraini padrona di orizzonti seducenti e mirabili.

A pilotare, con eleganza, acume e tatto, questo pomeriggio denso di confessioni e commozione la giornalista Maria Rosaria La Morgia. 

Fra i primi a prendere la parola il Direttore della Casa di Reclusione Stefano Liberatore. Con cristallini e coinvolgenti pensieri di uomo delle istituzioni e uomo di fede, ha esortato i detenuti presenti a non lasciarsi sopraffare da pensieri limitati e definitivi. Il carcere è la conseguenza di un reato commesso, ma non può e non deve rappresentare un marchio a fuoco per la vita del detenuto anche quando questi ha saldato il suo debito con la giustizia.  La detenzione, quindi per il Dott. Liberatore è riabilitazione è riqualificazione della persona ad un vivere civile e collettivo. Tali obiettivi sono perseguibili quando nella realtà carceraria, compatibilmente con i regimi assegnati, entra la cultura, si vivono laboratori, si pratica beneficenza e si ricama ogni singolo passo verso un nuovo possibile. Un’ apertura sentita, su cui punta molto il neonominato Direttore Liberatore, inteso che questi passi di educazione civica devono diventare propri, anche, della società liberaSpunti condivisi e motivati dagli interventi che si sono succeduti.

La scrittrice Dacia Maraini, accolta dai detenuti con un espansivo applauso ha, fin dalle prime battute, svelato una vicinanza con i detenuti, l’amata fata delle parole è avvezza a lavorare nelle carceri e ne conosce le dinamiche. Non è la prima volta che incontra i detenuti che stanno scontando la loro pena a Sulmona, come pure è laboriosa per la Casa Circondariale di Rebibbia.

Le considerazioni dell’autrice si sono indirizzate sin da subito sulla parola Azione, ossia il gesto violento che si compie nella vita libera, che approda alla detenzione, ma che è portatore di un’ancora di salvezza ossia la Riflessione, riflettere per migliorarsi, per prepararsi ad un dopo che può essere differente. 

Mai un momento di pesantezza, seppur il tempo interessato è stato molto. La dottoressa La Morgia ha saputo, sempre, intessere gli interventi. Di aiuto, affinché, si comprendesse da cosa e perché si è partorito il libro Risveglio, Fiorella Ranalli Capo-Area Trattamentale con i detenuti del Gruppo di Studio, nonché ideatrice del progetto insieme ad altre figure di supporto all’insegnamento presenti nel carcere.

Il taglio del nastro al tutto dei frammenti letterari dello scrittore Baricco da analizzare, da comprendere e mettere a dimora affinché portassero a scritti da parte dei detenuti. Un lavoro certosino, che stando ai contributi di lettura, che i detenuti hanno condiviso con i presenti ha scavato e inciso animi e ragione. Gli stessi autori durante la lettura dei loro componimenti si sono commossi, gli occhi sono divenuti lucidi anche al resto dei compagni rimasti seduti ad ascoltare. Vivere e affrontare la pandemia nelle abitazioni private ha di fatto reso tutti prigionieri ed impotenti, vivere ed affrontare la prigionia in un istituto di pena ha significato sprofondare in limbo sotterraneo, privato pure della scontata luce a cui si affida chi guarda ai giorni per mezzo delle sbarre. 

Quanto sia stato duro duellare con questo nuovo nemico lo ha sintetizzato perfettamente il Dirigente Sanitario Marianna Mastrodomenico.  Il giovane medico ha testimoniato un vero e proprio battesimo di fuoco, la sua nomina e avvenuta quasi in sintonia con i primi casi di positività all’interno del carcere. I tempi e le modalità di cura e prevenzione messi in atto hanno dimostrato professionalità e dedizione, scongiurando in poche settimane il peggio. Prontamente La Morgia ha sottolineato la peculiarità di un sistema che funziona.

Realmente stiamo riportando una realtà detentiva che merita plausi, nonostante le note e diffuse difficoltà di tutti gli istituti di pena, a cui non fa eccezione quello di Sulmona.

Ha meravigliato tutti i partecipanti esterni, scoprire che il ricavato delle partite di calcio fra detenuti viene devoluto ad associazioni che si occupano di donne abusate. Riuscire a coniare del bene per il prossimo, durante la propria detenzione, è un po’ come generare ossigeno per il benessere altrui, seppur il proprio fiato è corto.

L’esperienza e la sensibilità di Dacia Maraini hanno, persino, condotto tutti gli intervenuti in terra africana. Citando la propensione dei cammelli alla vendetta anche a distanza di tempo, non ha voluto solo elogiare la memoria dell’animale, ma ha generosamente creato una metafora con l’agire umano. Spesso si delinque per concretizzare una Vendetta. Un torto subito non va lavato con il sangue, le nostre civiltà sono progredite perché si sono affidate alla imparzialità della Giustizia. Vendetta e Giustizia gli altri termini tirati in ballo dalla Maraini. In questo dibattito ampio e variegato, l’amata autrice, non ha fatto mancare riferimento al pensiero di Moravia, che auspicava ad un tabù per la guerra, proprio come al raggiunto tabù per l’incestoImportante la specifica con cui Dacia Maraini si è pronunciata sulla massiccia presenza   di detenuti uomini nelle carceri rispetto alla presenza femminile. Il divario, la scrittrice, lo imputa alla condizione sociale ed economica in cui la donna è da sempre rilegata, più orientata all’obbedienza che alla disobbedienza, e quindi meno portata ad atti delinquenziali. Questo non significa che sia più buona, più tollerante o meno violenta, trattasi di una condizione educativa alla sottomissione, che meno concepisce l’agire d’impulso e l’atto non autorizzato.

Plausi ed elogi ai detenuti-autori da parte Regione Abruzzo per voce della rappresentante del Dip. Lavoro Sociale. Molto incoraggianti le parole dell’esperta psicologa Alessandra Verrocchi che ha seguito i detenuti in una delle quattro sezioni di cui si compone il libro Risveglio. 

La quotidianità di un istituto di pena può essere meno angusta quando sono tante le anime e le professionalità che vi si spendono pienamente, insegnanti, guardie, operatori con varie mansioni, dirigenza. Questo e molto altro, abita nella realtà carceraria di Sulmona, rappresentando l’innesto riuscito per un domani più prossimo a principi sani che al soccombere.

In un intermezzo che Dacia Maraini ha riservato all’importanza e al segno distintivo delle Istituzioni e della cultura ha giovato un prezioso riferimento di Maria Rosaria la Morgia alla Carta costituzionale.

Riportare quanto trasfuso ad ognuno da ognuno, durante la presentazione del libro Risveglio, non è possibile. Plaudire ad ogni detenuto che si avvicina alla cultura riconoscendone i poteri di libertà, onestà, indipendenza e correttezza che può emanare, è doveroso e motivante per tutti. Per questo viva la cultura che non conosce sbarre e che non fa differenze fra esseri liberi e essere detenuti.

Nulla è definitivo, nulla è irreversibile e nulla è condanna perenne. Finché vi è un respiro vi è una possibilità per sé e per il mondo.

Una vera conclusione dei lavori non è stata mai pronunciata, tutti si sono resi disponibili per future collaborazioni. A questo coro di buoni propositi non è mancata la disponibilità di Alessio Masciulli, titolare della casa editrice che ha sposato sin da subito questa progettualità.

La cultura serve a non servire e ogni libro scritto, stampato, letto e partecipato serve ad una causa comune ben più alta.

Cesira Donatelli

Nella foto del titolo: il direttore della Casa Circondariale di Sulmona Stefano Liberatore con Dacia Maraini e Alessio Masciulli

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