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Metanodotto: un investimento “ strategico” ? 

Scritto da redazione

Secondo i  Comitati cittadini per l’ambiente e il     Coordinamento No Hub del Gas “non per l’Italia ma per Snam ed Eni”

Sulmona, 29 novembre- Il viceministro all’Ambiente e Sicurezza energetica, Vannia Gava, ha annunciato che il ministro Gilberto Pichetto firmerà nei prossimi giorni il decreto autorizzativo del metanodotto Sulmona – Foligno. L’opera è ritenuta “strategica” dal governo e non confliggerebbe “in alcun modo con i principi della ecosostenibilità e della tutela ambientale”.

 Secondo  i Comitati cittadini per l’ambiente –    Coordinamento No Hub del Gas:” E’ una colossale bugia, un’ affermazione che denota scarsa conoscenza sia del progetto che dell’enorme impatto ambientale che arrecherebbe alle aree attraversate dall’infrastruttura. Ancora una volta, a prescindere dai governi che si alternano, sentiamo definire “strategica” un’opera inutile e ripetere che essa va realizzata: questo  perché essi si attengono al solito copione dettato da CHI ha veramente interesse a costruire il gasdotto con la centrale e al cui sostegno si è accodato vergognosamente il presidente della Regione Marco Marsilio, il quale pensa solo alla ripartizione dei “ristori” economici (come se questi ristori potessero eliminare i danni alla salute, all’ambiente, al clima e le criticità legate al rischio sismico), guardandosi bene dall’impugnare davanti al TAR Lazio – come sarebbe stato suo dovere – la delibera del Consiglio dei Ministri del 5 ottobre scorso”.  

A smentire la narrazione governativa è la scienza. Un recente studio pubblicato sull’autorevole rivista internazionale Journal ofCleaner Production dimostra che, sotto ogni punto di vista, è più conveniente abbandonare da subito le fonti fossili puntando invece sulle rinnovabili e sulla efficienza energetica. Lo studio, condotto dai ricercatori del Dipartimento di Ingegneria dell’Energia dell’Università La Sapienza di Roma, è stato ripreso dall’edizione italiana di Nature la quale sottolinea come i grandi investimenti in impianti e infrastrutture del gas potrebbero diventare “stranded assets” (investimenti non remunerativi) e ritardare e ostacolare la diffusione delle tecnologie rinnovabili. I nuovi gasdotti e gli impianti di rigassificazione, scrivono gli autori, rappresentano un “investimento a lungo termine che contraddice la necessità di una rapida decarbonizzazione dei sistemi energetici” e possono “sottrarre capitale agli investimenti in tecnologie verdi”. Inoltre, l’implementazione del gas rappresenta una “barriera per il processo di transizione verso le energie rinnovabili e i sistemi energetici sostenibili”. Secondo lo studio dell’Università La Sapienza l’investimento di 80 miliardi di euro nel settore delle rinnovabili creerebbe 640.000 posti di lavoro temporanei e 30.000 posti permanenti per il funzionamento, la manutenzione e la produzione. Tali misure consentirebbero di ridurre le emissioni annuali del sistema energetico italiano di 21,5 megatonnellate di C02. Tutto ciò, concludono gli autori, avrebbe l’effetto di “migliorare l’indipendenza energetica e rendere meno soggetti all’alta volatilità dei prezzi del gas. E questo in particolare in Paesi come l’Italia, il cui sistema energetico è largamente basato sulle importazioni di gas”.

Ma a smentire il governo non è solo la scienza: dati facilmente consultabili attestano che il 22 novembre scorso Terna, l’operatore che gestisce la rete di trasmissione elettrica nazionale, ha annunciato che sono state presentate richieste di connessione alla rete per circa 300 Gigawatt di nuova potenza rinnovabile. Se tutte queste richieste ottenessero le relative autorizzazioni, l’Italia disporrebbe di una capacità elettrica 4 volte superiore a quella necessaria per raggiungere i suoi target verdi al 2030 (70 GW di rinnovabili). Terna ha anche reso noto che nei mesi scorsi ha provveduto a rilasciare la soluzione di connessione a circa 22 GW di nuove iniziative di eolico offshore e che entro l’anno in corso si arriverà a rilasciare altri 73 GW, per un totale di 95 GW. Dal canto suo l’associazione Elettricità Futura, aderente a Confindustria e che rappresenta oltre il 70% del mercato elettrico, ha calcolato che installare 60 GW di nuovi impianti di rinnovabili farebbe risparmiare 15 miliardi di metri cubi di gas ed inoltre, per i consumatori, significherebbe risparmiare 21 miliardi di euro l’anno in bolletta.

“Questo significa- conclude la nota-  che nel 2027 quando, secondo le previsioni, il nuovo metanodotto Sulmona – Foligno entrerà in funzione, l’Italia avrà ridotto sensibilmente il fabbisogno di gas; ma gli italiani saranno costretti a pagare in bolletta fino al 2077 il costo di ammortamento di una infrastruttura (gasdotto e centrale) già oggi del tutto inutile, essendo di almeno 50 anni la vita dei due impianti

E’vero: la centrale di Sulmona e il metanodotto Linea Adriatica sono “strategici”; ma non per il nostro Paese, bensì per i profitti della Snam e dell’ENI, alle quali il governo diligentemente tiene il sacco”.

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