Home Attualità L’impegno, la promessa, la parola data Maurizio Scelli: ti giochi la vita pur di onorarli

L’impegno, la promessa, la parola data Maurizio Scelli: ti giochi la vita pur di onorarli

Scritto da redazione

Nostro incontro con il sulmonese  Maurizio Scelli scelto dal Governatore  della Regione  Marsilio da qualche mese per guidare il delicatissimo  Servizio di protezione Civile abruzzese ma è stata soprattutto l’occasione  per conoscere meglio l’uomo (con prestigiose esperienze politiche), il professionista, il sulmonese tenace  che vuole bene alla sua città e alla sua Regione

Sulmona, 11 ottobre Si vive, da tempo, una giunzione, assai squalificante per la razza umana. Lembo alcuno di terra può dire di non sapere, di non essere stato raggiunto o interessato dalle carneficine di cui, un putrefatto fogliame umano si è reso regista su più set.  Inottenibile contare le anime che hanno bisogno di essere aiutate a restare in vita, gli ostaggi vivi o morti che bramano di essere ricondotti nel loro. Siffatto, perché i detentori di un potere senza suggello alcuno, anziché mutare a tenutari di pace, continuano a riempire i granai di sangue, morte e violenze.  A questo si aggiunga la disabilità, le limitazioni e la solitudine.

La giurisprudenza acclarata e riconosciuta per risultati conseguiti sul campo, scrive nitidamente che, perfino con i possidenti della morte si deve andare a parlare, per trovare un varco, una congiunzione, per tornare alla vita. Per togliere il sangue dalla terra e tornare a seminarla con biografie di rispetto e libertà, si ha bisogno, per assurdo, persino di chi lo ha fatto scorrere quel sangue. Per non implementare il tutto con ulteriori dileggi, ferite, incisioni dolorose ed imprecisioni dannose, ci affidiamo alla perizia sincera e lustra di Maurizio Scelli.

Recente la sua nomina a Capo della Protezione Civile abruzzese, più stagionata la sua pratica nel mondo del volontariato, del soccorso umano e soprattutto di ancella al servizio del sorriso dei più bisognosi.

  • Presidente dovrei essere dinnanzi a Lei per la Sua storia e per il suo impegno, in verità dal momento in cui il governatore Marsilio l’ha nominata, ho iniziato ad interessarmi a Lei attraverso la sua condotta social. Che importanza ha per Lei la fotografia e i testi che le affianca? Quanto la moderna comunicazione social le è di aiuto?

Non sono particolarmente formato in tal senso, sono uno che, forse, quando era “qualcuno”, quando era oggetto dell’attenzione del mondo, non ha avuto la possibilità di comunicarlo. Negli anni 2002 e, anche prima quando ero a capo dell’Unitalsi, non si disponeva della possibilità di documentare quel che si stava facendo, cosa che oggi, grazie, ai social è fattibile. Mi lascio ispirare ogni giorno da uno stato d’animo, da una voglia di condividere, soprattutto le emozioni che provo. Lei mi dice che lo ha percepito, questo non può che farmi piacere, si tratta di passioni, sentimenti, sensazioni, amore, voglia di condividere quello che ha segnato la mia vita, a quando mia madre mi ricattò e mi disse:” quest’anno o vieni a Lourdes con me o al mare con gli amici non ci vai.” Era il 1983! Un ricatto che mi ha cambiato la vita.

  • Lei è un avvocato, vi è una causa che possa ottenere e dare riscatto a qualcosa a cui Lei tiene che, ancora oggi attende questa pronunzia favorevole?

Di casi ne ho trattati tanti, spesso la giustizia non coincide con il rispetto della persona. Nei tribunali si vince e si perde, raramente si trova qualcuno che, oltre a fare il giudice si sforzi di capire cosa ha portato a quella causa e, soprattutto le conseguenze della decisione che si appresta a prendere. Io che possiedo questa particolare sensibilità, maturata con anni ed anni di impegno verso i più deboli, ne soffro in maniera particolare. Il cinismo, il distacco, il gelo del codice è una cosa che mi ha fatto soffrire, sempre, anche quando ho vinto. 

  • Il ruolo di Capo della Protezione Civile abruzzese in cosa si differenzia dagli altri ruoli ricoperti, seppur tutti armonizzati intorno ai bisogni altrui?

In questa mia vita, paradossalmente, regge una sorta di coerenza. Quando in quel luglio del 1983 salii su quel treno bianco, per ottemperare al ricatto di mia madre, con l’idea di farmi 24h di viaggio, pregare da mattina a sera e stare cinque giorni a Lourdes, nulla appariva facile, tenuto conto della voglia che si aveva, a quell’età di spaccare il mondo. Bastò salire su quel treno per capire che la mia vita andava orientata diversamente, invece di sognare di fare il calciatore, sarebbe stato un bene mettere in conto di dover aprire un po’ di più i libri e impegnarmi per un futuro diverso. Sono sempre del parere che il volontariato è importante, se questa spinta verso il prossimo non è unito ad una piena gratificazione quotidiana, diventa strumento di frustrazione, volto a riscattare quello che non hai nella vita di tutti i giorni. In questo modo non si dona il meglio di sé, perché si finisce per prendere e non per dare. Si sceglie di occuparsi degli altri per sfuggire dai propri problemi. Io ho iniziato facendo il semplice barelliere per l’Unitalsi, mi ha aiutato la mia tendenza a condividere con gli altri, anche, i sogni. Essendo a Roma mi è stato un po’ più facile e quando si creò un vuoto ai vertici dell’associazione, l’allora Arcivescovo di Pisa Monsignore Plotti mi disse: “vogliamo aprire ai giovani, te la senti di guidare Unitalsi?

Si tenga presente che Unitalsi dal 1903 era, sempre, stata guidata da persone di una certa età, nobili e strutturati, io, però, accettai con gioia. Da quel momento l’obiettivo da cogliere era   evitare di vedere migliaia di persone in carrozzina, oggetto di un pietismo generale senza poter essere i protagonisti di una vera voglia di vivere. Ho trasformato il pellegrinaggio a Lourdes in un momento di festa. Le costrizioni nelle case, la convivenza con gli stessi familiari che, all’epoca vivevano il tutto come una vergona, non era facile; quindi, quei sette giorni diventavano una liberazione. Le famiglie, si sollevavano da un grande fardello quotidiano e la persona malata o disabile viveva un momento di grande gioia. Questa gioia andava “consumata”, tant’è che cominciai a condividere dei momenti di confronto fra i primi egli ultimi. In un’epoca in cui i social non esistevano, circa ventimila persone, provenienti da tutta l’Italia, nel mese di settembre, si ritrovavano a condividere l’autentico e lo facevano con persone come Gianni Morandi, Ron, la Pausini, i Pooh.

Da allora Gianni Morandi afferma che le cose vere della vita si capiscono in quei contesti e ti cambiano la vita stessa. Condividendo emozioni si cresce! Posso annoverare, anche, l’esperienza nella Croce Rossa. I racconti di mio padre relativi alla guerra, non avrei mai pensato di toccarli con mano, purtroppo tutto è ancora, troppo, attuale, si pensi a Gaza. Mai avrei pensato di vivere i bombardamenti, i campi minati, trattare per la liberazione degli ostaggi. Bisognava e, bisogna avere l’intuizione che il contributo umanitario che, si dona all’insegna della neutralità e dell’indipendenza, è la chiave per trattare la liberazione di persone prese in ostaggio. Ci si espone a critiche, mi hanno massacrato più volte, ma il dolore e le richieste dei parenti, dei familiari dei costretti, è più forte. Ci si prende la responsabilità di dire:” ce la metteremo tutta.” L’impegno, la promessa e la parola, per cui ti giochi, anche, la vita pur di onorarle. 

  •  Presidente, ha nominato tante volte i giovani, lo sport, la cultura, il volontariato, è questa la strada?

Tenga presente che in passato disponevamo del muretto. Io a Sulmona scendevo da casa e andavo in piazza, mi facevo la passeggiata lungo il corso, si rischiava di incontrare, persino l’amico più antipatico, ma era l’amico con il quale potevi parlare e scambiare idee, era il modo per non sentirti solo. Il primo giorno di università a Roma, avevo perso un po’ i punti di riferimento, mi recai alla stazione Termini e nell’osservare la gente che camminava, mi sembrò di essere su Corso Ovidio a Sulmona, fu un po’ come sentirsi a casa. Adesso attraverso i social non ci si sente più soli, ma si condivide, sovente, ciò che non è. Si creano dei modelli non sani, artefatti e forzati. Oggi i giovani hanno dinnanzi questo pericolo, ma anche una grande opportunità. Se si riesce a coinvolgerli in attività collettive di diversa natura, si fa un buon lavoro. Quando vado nelle scuole mostro sempre una foto, nella quale nel 2003, alla fine della partita del cuore tra nazionale italiana cantanti e piloti, ero con Michel Schumacher, sotto la curva a ringraziare le migliaia di persone della Croce Rossa che avevano contribuito a questo evento. Con Morandi, Mogol e Barbarossa, ci recammo, anche, a Bagdad per valutare l’impiego del ricavato. Da oltre dieci anni, il grande campione Schumacher, per un incidente sugli sci, a 30 km orari e non a 350 km orari in pista, è un vegetale. Ai ragazzi dico sempre che dietro ogni angolo della vita non possiamo immaginare cosa ci sia, sconfitta, successo, ci potrebbe essere una chiama a testimoniare una voglia di vivere a prescindere, indipendentemente dal credo religioso o meno che si possiede. Si deve lavorare sulla condivisione, di invincibile non vi è nessuno e che quindi se accade qualcosa, si deve sperare che vi sia qualcun altro che non ti lasci solo

 Ogni singola sillaba di questo incontro si è guadagnata attenzione e ha innescato riflessioni. Parole colme di carati di bellezza e di gentilezza, un gioiello puro l’animo del presidente Maurizio Scelli, il quale ha setacciato sofferenze e apprensioni per gli altri creando nuove visioni e nuovi entusiasmi. Per tutto il tempo della nostra chiacchierata il suo sguardo è stato fiero, sincero e nostalgico. Non ha mai guardato l’orologio, eppure gli impegni bussavano alla porta con frequenza. Dinanzi a lui dei fogli e alcune penne, già vi erano dei segni e dei disegni impressi, per descrivere l’attraversamento di un campo minato, se li è portati dinnanzi, ha reso comprensibile ogni istante di quel miracolo che gli fu riservato, altrettanto comprensibile perché qualcuno gli avesse riservato quel miracolo, il mondo ha bisogno di lui!

L’incontro non finisce qui e vi sarà un proseguo, come non finisce qui quello che resta a chi ha la strenna di incontrare e ascoltare quello che si può definire un uomo del bene e della responsabilità.

Il suono delle campane coinvolge ed appartiene a tutti, la melodia di una campana in una vallata vuota allieta flora e fauna, portare la voce e il canto della campana del volontariato nei luoghi affollati dalla solitudine, dal dolore e dall’indifferenza, diviene fonte battesimale per il sorriso, per la pace, per l’umano. Di tale rosolio si compone l’agire di Maurizio Scelli, “ros solis” una rosa del sole, direbbero i latini. Che il sole e il profumo delle mani e della volontà di quest’uomo, abbiano sempre a scaldarci e profumarci l’esistenza.

Cesira Donatelli 

Leggi anche

2 Commentii

metal injection molding 11 Ottobre 2025 - 3:22

Questa intervista è un vero spasso, un groviglio di emozioni e riflessioni tra volontariato, Lourdes, Schumacher e la solitudine della vita moderna. Scelli sembra una specie di santone moderno con un passato da barelliere che ha cambiato la vita persino a un pilota incidentato. Lidea di usare i social per non sentirsi soli, ma solo per condividere ciò che non è è un classico. E poi, la campana del volontariato come battesimo del sorriso: un po sognante, ma chi non vorrebbe un ros solis? Un viaggio emotivo, che dimostra che dietro ogni angolo cè una chiamata a testimoniarla, anche se magari è solo per dire ciao al vicinista.metal injection molding

Reply
Luciano Di Tommaso 11 Ottobre 2025 - 9:27

Davvero un bell’articolo su una persona che onora la nostra città oggi in mano ad una politica che fa troppe chiacchiere inutili e pochi fatti.

Reply

Lascia un commento