I legami tra le generazioni ed i capitali di ritorno dei capitani d’impresa
di Sergio Venditti *

Sulmona, 27 giugno– Quando si descrivono i fenomeni migratori, a partire dall’allora Abruzzo & Molise, dai primi decenni del ‘900, vanno distinte non solo le sue grandi ondate, imbarcate sui bastimenti nel porto di Napoli, ma dopo anche le caratteristiche peculiari assunte nei vari continenti e paesi.
Tante storie e tante migliaia di uomini e donne partiti dai nostri borghi e non solo, alla ricerca della loro “Terra Promessa”, dove ricominciare una nuova vita, in tutte le latitudini, dalle Americhe, all’Australia, fino al cuore dell’Africa: quei visi scavati e bruciati dal sole, con la pelle scura dei nostri nonni e padri, subito emarginati e “ghettizzati” nelle tante “Little Italy” nel mondo, dove i “macaroni” vissero nelle loro baracche di legno, in attesa di essere chiamati, a giornata, con “il piccone e la pala”, come descritto dal poeta Pascal D’Angelo, negli Stati Uniti degli anni’20, fuggito da Introdacqua, in cerca del suo “Son of Italy “.
Cosi come Quinto Mancini, partito da Scanno (AQ), per gli USA (ritratto in una vecchia foto B/n) in Ohio, con la moglie Anna Pece e il figlio Enrico, Nicola, che diventerà Henry Mancini, il grande musicista e compositore di celebri colonne sonore di film “cult”, come “Colazione da Tiffany” o la “Pantera Rosa”, firmando oltre 500 canzoni, in 50 album, con 300 milioni di dischi venduti nel mondo e ricevendo ben 4 Oscar, 20 Grammy e 2 Emmy.
L’emigrazione d’origine peligna, com’è noto, ha lasciato anche un forte segno nella confinante società canadese, dove oggi essa rappresenta un’importante ed integrata comunità, che ha raggiunto i suoi stessi vertici politico-istituzionali, con sindaci, parlamentari e ministri come Larry Di Ianni, Maurizio Bevilacqua e Tony Valeri.
Dall’altra parte del mondo, in Australia, sempre nel difficile contesto di matrice anglosassone, si sono fatti strada, con sacrifici e tenacia ,altri personaggi d’origine della Valle Peligna, specie della generazione che li é nata e integratasi nella stessa economia capitalista di quel grande Paese. Questo il caso, già noto, di un grande imprenditore, Mario Verrocchi, sessantotto anni, la cui famiglia vi era emigrata negli anni ’50, proprio da Sulmona.

Ebbene questo “tycoon”, ha costruito un vero e proprio colosso farmaceutico, con la sua società, associando oltre quattrocento farmacie del Paese ed ora replicando questo modello anche in Europa, dopo lo sbarco in Irlanda. Un esempio, quest’ultimo non solo di internazionalizzazione dell’economia, ma altresì di diversificazione di investimenti, come tutte le “corporation”. La specificità di Verrocchi è il saldo legame con la terra d’origine, che lo ha portato ora ad investire i capitali anche nei suoi luoghi d’ origine, acquistando immobili e ora costruendo un grande hotel nella splendida Pacentro, che domina tutta la rigogliosa Valle Peligna. Un esempio da citare e replicare, in Abruzzo, con incentivi e sostegni, al fine di favorire un reale salto di qualità, specie nei servizi per la ricettività ed il turismo, di fascia elevata, per poterli inserire nel circuito internazionale. In questo contesto, nello stesso continente africano, sempre più strategico per l’Italia, dopo il varo del “Piano Mattei” ed “IMEC”, vanno segnalati diversi Paesi attrattivi, in particolare il grande Sudafrica, dove è cresciuta negli ultimi decenni una forte comunità di nostri corregionali, che li si sono affermati in molti campi della sua ricca economia, specie dopo il superamento della politica “segregazionista”, della minoranza boera-inglese verso la maggioranza nera.
In particolare i nostri abruzzesi arrivati li, da giovani tecnici, anche da altri Paesi, vi si sono affermati, dando un grande contributo allo sviluppo infrastrutturale e delle reti dei servizi, che hanno modernizzato l’intero Sud Africa, costituendo grandi società, ora guidate ancora dai capostipiti o dai loro eredi, con il ” Decano” e Presidente dell’Associazione Regionale, Carmine Angelucci, presente li dal 1964. Questi sono un grande patrimonio, da curare con l’azione del nostro MAECI ed anche di prestigiose Istituzioni pubbliche, come la Società “Dante Alighieri”, per una migliore conoscenza della lingua italiana e con essa della nostra cultura, della musica fino alla rinomata enogastronomia nazionale e regionale. In tal senso l’Abruzzo dovrebbe avviare politiche più organiche per sostenere questo ricco tessuto anche socio-economico, ad esempio favorendo un maggior interscambio con le realtà d’eccellenza imprenditoriale “Made in Abruzzo”.
Ed allora perché non prevedere, nella” Sulmona-Centro”, un grande evento, patrocinato dalla Regione, dal CRAM (con l’Assessore R. Santangelo e la Consigliera A. Laporta), affiancato altresì dal territorio, nonché dai soggetti operativi delle due Camere di Commercio ,la FIRA e con l’ENIT, per far dialogare tutti questi con il Sudafrica, in un’ottica innovativa, che favorisca il rapporto tra la terra d’origine e quella d’emigrazione, al fine di attrarre risorse ed investimenti, specie nelle nostre “Aree Interne”, le più spopolate ed in crisi, ma con un immenso patrimonio multisettoriale. Per questo orientare tutte le varie scelte conseguenti, comprese le nomine degli “Ambasciatori Abruzzesi nel Mondo” (CRAM) ,non solo espressioni della gloriosa emigrazione delle sue grandi comunità, da affiancare attraverso nuovi stimoli, al fine di coinvolgere le ultime generazioni di oriundi abruzzesi, che poco o nulla conoscono della Terra dei loro avi.

Il futuro delle politiche migratorie è questo, sviluppando i piu’ ampi orizzonti e strumenti d’integrazione e cooperazione, partendo da quelle formativi (anche con i Programmi UE di Erasmus +), per arrivare proprio a quelle più generali, sia culturali che turisti, ad alta sostenibilità ed innovazione, in tutti i campi, al fine di far crescere meglio le nostre ristagnanti economie locali, creando le altre condizioni per il rientro dei tanti “expats”, tecnici e plurilaureati, presenti in tutto il mondo. Questo ORA prima che si recidano definitivamente i “legami di sangue”, tra le sue generazioni, che oggi vivono in diversi contesti nazionali, che purtroppo tendono a divaricarsi ,in una nuova fase della globalizzazione internazionale, che vive fortissime tensioni geo-politiche, che vanno governate, senza il ricorso alla forza, ma favorendone il dialogo ed il pacifico confronto, tra le diverse culture, etnie, tradizioni e religioni.
Ennio Flaiano: “L’Orgoglio di essere abruzzese… Con una sola morale: il lavoro… Amico dell’Abruzzo conosco poco, quel poco che ho nel sangue…”
* giornalista