
Sulmona, 2 maggio – Quasi dieci anni di scrittura, di rincorrere la memoria, di rielaborare avvenimenti e fatti che la polvere del tempo iniziava a ricoprire. Quasi “una biografia intima” che nel corso degli anni si è mutata in molteplici rivoli di testimonianze “piene di un dolore indicibile e di un amore inestinguibile” per confluire nella tragedia del 6 aprile 2009.
È questo <<John 3,32>> il libro di Fabio Picuti, già magistrato a L’Aquila e dal 2024 in servizio a Roma come Sostituto Procuratore Generale in Cassazione, Murgo edizioni, 2025. Non sveleremo il significato del titolo, il lettore lo troverà quasi al termine delle 456 pagine, più 55 aggiuntive di note e di bibliografia. Un testo corposo, pieno di tanto: narrazione, memoria, cronaca giudiziaria, arte, cultura, un mix che avvince, scorre, fa riflettere, cattura.
Un libro che ogni biblioteca delle famiglie aquilane e non solo dovrebbe contenere, affinché la data del 6 aprile non sia dimenticata con il passare delle generazioni e quel giorno e quell’ora, sia memoria come “strumento indispensabile per costruire il futuro”, secondo l’espressione di uno dei tanti personaggi del libro, perché: “ Sono le persone, con le loro vicende e i loro racconti, che riempiono la trama a maglie larghe della storia. Sono le storie individuali che parlano. Senza di esse i documenti, le descrizioni delle trasformazioni sociali e urbane, le analisi sui cicli economici e sui mutamenti politici non ci consegnerebbero altro che alfabeti muti. Per questo una tragedia priva di simboli e priva di narrazioni, collettive o individuali che siano, rischia di trasformarsi presto in una data vuota, come tante altre date e tanti altri eventi che si succedono rapidi nel tempo e si confondono nella memoria”, così l’autore riflette tra sé al termine di un incontro tra amici.
È difficile scrivere sul libro, condensando il percorso fatto per giungere a trovare le cause dei crolli, dei trecentonove morti, delle responsabilità della Commissione “Grandi Rischi” fino alla sentenza processuale per il sisma che sconvolse la città dell’Aquila quel 6 aprile 2009 alle ore 3,32. Ma non è solo questo, lo stesso Picuti nella prolusione dichiara: “Cercando le risposte ho trovato questo libro” e poi nel primo capitolo: “ Questa è la biografia intima di un giorno passato che ancora non finisce…Con la parola biografia non ho problemi. È la parola intima che mi crea disagio, perché mi fa sentire un intruso…Ma sono costretto a usare la parola intima perché non so a quale altra parola rivolgermi. Questa, infatti, non è la biografia di una persona. È la biografia di una data. E se adesso mi trovo qui a raccontarla, con quell’aggettivo, intima, superando il disagio, è perché ho con me tanti racconti. Racconti dei vivi e racconti dei morti attraverso le parole dei vivi. Racconti che descrivono tutti il simultaneo incontro con la morte, alle ore 3,32 del 6 aprile 2009…un racconto intimo collettivo che ci riguarda e che ci include tutti. Da cui nessuno può sottrarsi. Sarete d’accordo, perciò, se dico che riguarda anche voi e me. Per questo ho risposto subito che non potevo farne a meno. E non posso fare a meno di chiamarla così, biografia intima…poi ci saranno i documenti amministrativi…i resoconti ufficiali…gli articoli dei giornali…il libri…le foto…le immagini…Ma non lo farò perché non sono i racconti che ho sentito in un’aula di tribunale dalla bocca di quelli che hanno vissuto quei giorni. E proprio di questo voglio parlarvi, del subito prima, del subito dopo, e del durante…Udienza dopo udienza sono diventato testimone di una biografia intima e voglio che anche voi ne diventiate testimoni. Per farne un demone e poi lasciarlo andare”.
Nell’aula del tribunale conta solo il rapporto causa/effetto e la vita delle persone, con i loro dolori, rimangono sulla soglia, ma non dovrebbe essere così. Allora Picuti, con un flash d’immagine, torna ad un lontano ricordo, un quadro famoso visto all’Israel Museum di Israele, di Paul Klee che ritrae “L’Angelus Novus”, successivamente comprato e studiato dal filosofo Walter Benjamin. Un angelo dagli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali spiegate come trascinate verso il futuro da un vento impetuoso, il volto e lo sguardo indietro. Per Benjamin l’angelo della storia ha questo aspetto: il volto, gli occhi si volgono alla memoria del passato, alla catastrofe derivante dalla guerra (il riferimento è l’occupazione nazifascista), le ali spinte verso il futuro. Un passato che si allontana sempre più, l’angelo può portare con sé solo la memoria, “tornare indietro non è concesso…I processi penali hanno uno scopo ben preciso che è quello di verificare la fondatezza di una accusa e stabilire la colpevolezza o meno dell’imputato…Stavolta, però, è stato diverso…la vita delle persone, con il suo carico di racconti e di molto altro, è stata la prima ad entrare nell’aula del tribunale. Insieme al suo angelo…Come l’angelo di Benjamin vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto, allo stesso modo la domanda di giustizia esige la ricomposizione del senso dell’accaduto. Senza…il lutto diventa ingiusto. Senza un significato, il dolore non può liberarsi dal suo carnefice”.
È la parte guida del libro, il Sostituto Procuratore non è solo colui che interroga, raccoglie, accusa, ma è l’uomo che accoglie ciò che la collega Roberta D’Avolio aveva già capito: “…che i testimoni avrebbero portato, di fronte al giudice, il loro dolore accompagnato da quel rimbombo, infandum, indicibile, che mai avrei pensato di poter udire con tanta nitidezza in un’aula di tribunale”. Come Enea accompagnato da un dolore indicibile dopo la fuga da Troia in fiamme.
Poi nel libro ancora tanto: le dirette testimonianze riprese dai verbali, i flash della propria vita, le narrazioni letterarie ed artistiche, i pareri degli esperti, gli equivoci della Commissione Grande Rischi, gli amici di sempre, i fascicoli d’indagine zeppi di ogni cosa e L’Aquila, silenziosa e bella città cornice teatrale di una imminente tragedia. Poi i dubbi, i dubbi dell’uomo e del magistrato risolti e irrisolti: il rapporto duale tra capacità d’intendere e capacità di volere, tra informazioni ricevute e comportamenti susseguenti, il concetto di autorità stratificatosi nel tempo, il rapporto tra causa/effetto e le personali implicazioni psicologiche derivanti anche dalle capacità di gestione delle emozioni…
Ancora molto da dire, ancora molto su cui riflettere, ognuno dei 17 capitoli meriterebbe un esplicativo approfondimento ma ciò è impossibile per lo spazio che ci siamo prefissati. Un’ultima concessione: la sorpresa personale per un dono di lettura imprevisto, significativo e offerto da un magistrato rivelatosi un bravo scrittore.
Gianfranco Giustizieri