Un mistero tra gli oscuri vicoli di Napoli

Sulmona, 2 luglio- Antonino, un nome diffuso e affettuoso che in L’Artiglio Del Tempo è sinonimo di verità e di giustizia.
Difficile immaginarlo di proprietà di un bambino, se non si entra nell’ottica di un personaggio intraprendente, intuitivo, sospettoso, ribelle e dotato di acume. Perché la storia sia spregiudicata e toccante, a questo giovane protagonista, va accostata la figura dell’anziano Samuele, un ebreo sopravvissuto ai campi di concentramento. Gli anziani e i bambini, per leggi di natura consolidate, hanno alchimie favorevoli e privilegiate, nel caso specifico il rapporto di amicizia fra l’anziano e il ragazzino va oltre il gioco e la spensieratezza, si struttura su lezioni di storia, di civiltà, di vita e di rispetto.
A dirla tutta è l’intera tela realizzata, in questo giallo sociale, da Anna Vera Viva, che si fonda su realtà sociali complicate, mai scontate, calate in contesti difficili e consolidati, ad appassionare e a formare. Perché le storie non siano confinate al momento della lettura, ma inducano a considerazioni postume e allargate, bisogna costruirle con amore e conoscenze, nel caso di specie l’esperimento si classifica fra i più riusciti.
L’Artiglio Del Tempo è un insieme di personaggi emblematici, operanti, per lo più, nel Rione Sanità, a cui ci si affeziona. Persino il boss malavitoso Peppino, fratello di Don Raffaele può avere pronunzie umane. Sicuramente il luogo di ambientazione possiede pozioni magiche, per cui il legame diviene immediato.
L’ironia e la simpatia sono gli ingredienti salienti di questo libro che spesso fa rigare il viso dalle lacrime. Da un lato la perpetua Assuntina dispensa cibo e pettegolezzi, dall’altro Don Raffaele, non rinuncia a pastarelle e dolcetti vari, persino nei momenti salienti delle indagini. Per i più scettici è bene segnalare che a capo delle indagini vi è il parroco, ma il resto del team è ben fornito e variegato. Non ultimo vi è Antonino che tra chiome tirate a lucido e bocconi di torte della perpetua, indirizza le ricerche e grida da subito all’omicidio perché il suo Samuele non poteva essere morto di morte naturale…
…doveva vivere ancora tanto tempo. A me mi avrebbe salutato se non si fosse sentito bene. Mi avrebbe detto qualche cosa. Invece lui stava benissimo e sapeva che sarebbe rimasto, perché mi doveva vedere quando prendevo il diploma. C’eravamo già organizzati…
Emoziona e staglia il ruolo delle madri in questo romanzo, che forse, meritano quasi sempre un perdono. Poco ha potuto la madre del prete e del boss mafioso affinché non venissero su due figli così differenti, colpevoli le mamme che nascondono, alleate e sagge le mamme che accettano che le proprie figlie portino nomi di un precedente amore del marito. Miryam, ignora di portare un nome che racchiude bellezza e amore, lo scoprirà congiuntamente al lettore, grazie alla cattiveria umana.
La memoria, in ogni sua forma, è tassello in questo narrato. Memoria che tortura e infligge, memoria che aiuta a risolvere, memoria di un sereno e un pacifico che forse non sarà più possibile e la memoria della ricchezza infinita che Samuele, con i suoi racconti ha trasmesso ad Antonino. Antonino è un bimbo già grande perché colmo di una ricchezza che fortifica e arricchisce, a lui l’anziano ha detto tutto ciò che neppure a sua figlia Miryam e suo figlio Davide ha voluto raccontare. Certi insegnamenti forgiano a vita!
Nel cuore di un rione che non riesce a “fare” senza regolamenti di conti, senza affari e affarucci illegali, Anna Vera Viva, affronta tematiche quali il razzismo e l’unicità di Dio, che sia padre degli ebrei o padre dei cattolici…
…tu, quando devi decidere quanto vale una persona, non guardare dove abita, come si veste, a chi tiene per Dio, di che colore è …tu devi vedere solo una cosa, il rispetto che ha per quelli che vivono…
Decisa e tosta l’autrice quando, per bocca di un interpellato da Don Raffaele, sbatte in faccia a tutti che…
…Il mondo è disposto a farsi scendere una lacrimuccia solo quando il sangue è ormai freddo, quando l’orrore quello vero è passato…il mondo ama commemorare, ma non intervenire nel momento in cui le ingiustizie vengono compiute…
Mentre si cerca il colpevole, si attraversano vicoli oscuri, ci si imbatte nell’operato di una canonica che toglie ragazzi dalla strada, si apprezza il valore del buon cibo se consumato in gruppo, si ricorda a tutti che Napoli fu l’unica città d’Europa capace di liberarsi, da sola, dai nazisti e per onestà intellettuale ci si domanda se l’applicazione della giustizia altro non sia che “la vendetta” che la società attua nei confronti di uomini erranti
Sin dalle prime righe si parla e si respira semplicità. Antonino ne emana più di altri, ne è portatore sano, pertanto, a lui il compito di porre le domande più importanti, più complesse e più utili.
Meravigliosi i contrasti narrati, tanto da non lasciare scampo a chi legge, si resta coinvolti perché sgorgano domande di continuo. Dio esiste? Schierarsi significa divenire proprietà di qualcuno? I semplici accettano con meno difficoltà la loro condizione? Il ruolo delle famiglie è determinante?
Riuscire a concretizzare quesiti è il primo grande risultato di un autore, ottenere tante e differenti risposte è un seminare grano antico!
La morte non è sempre un arrivo, può essere l’inizio di un cammino nuovo e più sereno, soprattutto se la vita in terra non è stata capace di garantire diritti, bensì ha partorito vili e vigliacche ingiustizie, che neppure il tempo disarma, anzi porta a rieterare!
Cesira Donatelli
L’ARTIGLIO DEL TEMPO di Anna Vera Viva
(Edito Garzanti)