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(primo piano)-Il pane sotto la neve

Scritto da Cesira Donatelli

Sulmona, 30 aprile- L’angolo del grembiule da cucina, per una donna come Cesira, di origini contadine e dal fervente senso religioso, finisce per essere impiegato, nondimeno, in utilizzi “consolatori”.  Trovarsi a vivere fra fine Ottocento e inizi Novecento in Emilia Romagna, ed avere da coltivare la terra appartenente ad un padrone, comporta spesso lacrime da asciugare, se a questo ci si aggiungono la Prima e la Seconda guerra mondiale, quel piccolo angolo di parannanza è spesso chiamato a compiere un lavoro poco ambito!

Il contesto semplice, rude e schietto, in cui è ambientato questo romanzo, richiede che i fidanzamenti si ufficializzano in chiesa e dinnanzi ad un parroco. Si è nella condizione in cui, la sera, prima di coricarsi si sistemano con cura, ai piedi del letto, le uniche scarpe nuove che si possiedono e con le stesse si stringe un patto di mutuo soccorso, vietato mollarsi, a prescindere se il piede cresce e se le scarpe invecchiano.

Altri e non meno importanti patti vanno fatti con le stagioni, quest’ultime in, Il pane sotto la neve, vengono mostrate per l’infinita importanza che hanno nelle comunità contadine…

… “Sotto la neve il pane “dicono i contadini; “sotto il gelo la fame “concludono…

Vanessa Navicelli, partendo da Cesira e Tino, scrive, scrive e scrive di un vivere fatto di onestà, di preghiera, di rispetto e di comunione fra poveri, dove il brontolare degli stomaci vuoti è la melodia di fondo di ogni giorno…

…” Questa è bella! Ci nutriamo praticamente di aria, e voi avete fatto lo stesso indigestione!…

Manifesta e azzeccata la volontà della scrittrice di affidate a Cesira la preghiera, la custodia della cappella e le apparizioni della Santa Vergine, altrettanto riuscito l’intento di riservare ad Emma nota come la Garibaldina, l’ironia, la testardaggine e il coraggio. A onore del vero, in questa storia che sventra la Storia stessa, per il sacrificio e per l’amore che ci mette, le uniche a non avere coraggio, ma a farsi forza solo attraverso atti di vigliaccheria e barbarie sono le guerre. Guerre che al solito somministrano come utili e necessarie, ma per dirla alla maniera dell’uomo semplice che è Tino, che diffida dei paroloni e di chi li pronunzia e che in trincea ci è stato durante il primo conflitto mondiale…

…se c’è da farla, sta guerra, se quelli che ne sanno di più dicono è giusta, va bene, facciamola. Ma da lì ad esserne contenti e aver voglia di festeggiare… 

Profumano di credenze popolari le pagine di Vanessa Navicelli, quando ci descrivono una civetta e il suo canto, appostata sull’albero dinnanzi la casa dei protagonisti, si rivelano sportive quando si aprono al ciclismo, spesso di parla del Giro d’Italia e dei suoi eroi, si significa un Bartali che nel 1936 dedica la sua vittoria alla Maddonnia. Si presentano come atto di civile riscatto quando alle biciclette si associano gli uomini e le donne della Resistenza. Hanno il sapore del buonsenso quando richiamano, a comportamenti sensati, la maestra prevenuta nei confronti dei figli dei contadini. Sono pagine artistiche quando strappano il sorriso del lettore che si imbatte in una Emma pittrice che ritrae una gallina, pur se questa non è un soggetto statico.

Non manca l’attenzione per il ruolo dei parroci, che in Il pane sotto la neve mutano negli anni, a uomini di “battaglia”, a conciliatori, a creatori di biblioteche, si delinea un Don Franco fraterno e amico di famiglia.

Una saga questa dove tutto viene sapientemente introdotto. Arrivano con garbo le canzoni degli alpini, si scopre la vera ragione per cui la catastrofica pandemia dei primi del Novecento è nota a tutti come la Spagnola.

Nei capoversi di Il pane sotto la neve, la convivialità vive tutto il suo splendore, non si tratta di pranzi sontuosi, tutt’altro! Sulle tavole imbandite per matrimoni e altre ricorrenze, il cibo e i dolci hanno sempre ingredienti che grondano di sudori e fatiche nei campi, a contraddistinguere il tutto è lo spirito della famiglia, degli affetti sani e sinceri, purché non si parli di politica!

Una scrittura che è prossima all’elasticità. Nel romanzo si alterna la serenità e la gioia conseguita negli anni e con sacrifici ad accadimenti forti, immeritati, tanto che una volta caduti ci si lascia tentare dai pensieri più severi…

…ma per un istante pensa:” Cosa mi rialzo a fare…”

La Resistenza intesa come Comitato di Liberazione Nazionale e la resistenza intesa come determinazione opposta alle privazioni dettate dal rango di apparenza sociale, sono la costante di tutto il romanzo.  Questa è una delle ragioni per cui Tino scopre che ci sono ragioni per cui val la pena morire, e più sono sentite e più infondono benessere.

Il lettore è spesso sollecitato a riflettere sulla precisione umana nell’errare. Si persevera nelle guerre come fosse un dovere, migliaia e migliaia di figli mandati a morire, dopo tutti i sacrifici che le famiglie fanno per farli crescere. L’uomo pare votato ad essere in antitesi con la stessa razza!

Nel mondo di Cesira e Tino l’amore non è fatto si smancerie e di parole sussurrate, sono gli anni e i cieli a sancirne l’importanza. Il cielo i contadini lo guardano per conoscerne le intenzioni, da lui dipendono i raccolti, si sbircia la luna nelle notti con meno pensieri, e poi le cose mutano, mutano sempre per colpa della guerra…

…E ora…ora sono qua a guardare il cielo per vedere se arrivano aerei a bombardarci…

Una storia di povertà, di semplicità e di genuinità, da cui si può solo imparare cosa significa tenere unita la famiglia, nonostante gli accadimenti mondiali, nonostante la morte e nella morte. Una storia dove il tempo dissolve le incomprensioni fra uomini che vivono alla buona le proprie idee e mai capaci di fare male ad una mosca. Una storia di uomini e di donne figli dell’Italia povera, onesta e devota.

Cesira Donatelli

IL PANE SOTTO LA NEVE di Vanessa Navicelli

(Pubblicato da Vanessa Navicelli stampato da CreateSpace)

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